Dalla parte della notte
DAL 2 AL 16 MAGGIO 2013
Opere di:
LIDIA BAGNOLI
GIORGIO BURNELLI
ANDRES’DAVID CARRARA
LUCA GIOVAGNOLI
CLAUDIO MAGRASSI
AMILIO MATTIOLI
MATTEO NANNNINI
NICOLA NANNINI
GIOACHINO PASSINI
MARCO PELIZZOLA
DOMENICO SIMONINI
MATTEO SOLTANTO
ALBERTO ZAMMBONI
A una certa ora, alle prime avvisaglie del crepuscolo, può succedere che il tempo timbri il cartellino dello stupore, quasi a voler anticipare il gioco delle ombre e stabilire un contatto con effetti chimerici. Può succedere di raggiungere un punto dove si respira liberamente il senso dell’indefinito e di trovarsi ai margini di un non luogo dove il pensiero non è sottoposto alla punteggiatura del vero. Verso sera, dopo che il sole ha detto la sua, quando le ombre si allungano e certi ricordi vestiti da fantasma contano gli scatti di orologi stressati, pensare può voler dire allacciarsi a storie illusorie, può voler dire dar credito alla dimensione segreta dell’essere, perché le ombre sono annunciatrici di elementi passibili di qualsiasi estensione concettuale, perché una sorta di magia colorata trascende ogni traccia di ciò che è evidente ai sensi. L’oscurità ammorbidisce i contorni delle cose e nel contempo rafforza i segni di un mondo evocato dall’immaginazione. A una certa ora si può incontrare la luce dentro il nero, si può mettere in scena l’assenza delle cose e trasformare la notte in una tabella di vuoti da riempire con l’oltrenero di Pierre Soulages. Finché, pedinando la nostalgia e idealizzando il mondo nell’intreccio delle parole, i ricordi portano a un passato che non si potrà rivivere, ma che si può reinventare in un contesto dove il buio è l’alibi di una favola triste, o dove un’insegna al neon è il pretesto di una rinnovata idea dell’esistere. Le ombre cullano la mente, il buio che avvolge remoti e sonnolenti paesaggi, è simile a una voce appesa ad un’unica nota, un suono lungo e lamentoso che si protrae fino a quando tutto non si dischiude nell’accendersi del comune sentire della poesia.
Tra forme vagheggiate e immagini dai contorni associati agli umori dell’imbrunire, è come se il linguaggio artistico stabilisse un legame tra dimensione sensoriale e spirituale mentre la poesia analizza ciò che si agita al di là della penombra. Si esplora il non visibile, si lascia campo all’introspezione, si cerca un nome da dare al mistero sognando che all’improvviso la tenebra si apra al passaggio di una meteora. Immaginiamo cento sguardi ai vertici di una montagna, o più semplicemente appoggiati alla cornice di una finestra. Ai lembi della notte può succedere di tutto: tenendo gli occhi incollati a un crinale, alle case e alle strade, si può avere accesso al credito dell’illusione e chiedere un prestito al volto bucherellato della luna prima che tutto si trasformi in un panorama artificiale, o in un sogno raffermo.
La notte porta alla costruzione del fantastico e al ripasso dei ricordi. Per molti deve essere bello stare dalla parte dei sogni per impaginare, complice il silenzio, la geografia di un soffitto che fa le veci del cielo. Il crepuscolo incapsula i momenti che annunciano l’arrivo del nero, il tramonto è un incendio ormai spento nell’incupito svolgersi di un lontano orizzonte. C’è il piacere di perdersi nella notte, c’è lo stordimento di un mondo dove la poesia si allea al silenzio, e dove tutto sembra farsi membro di una società basata su un arcano intriso di romantici annunci. Chiudere gli occhi per avere libero accesso al sogno, per smuovere la memoria e per alimentare la fantasia. La notte è un tunnel senza uscita? No, la notte è un rifugio, soprattutto per chi sa stabilire accordi a luci spente con l’arte, per chi pensa di trovarsi in un altrove dal quale programmare un’affascinante evasione.
di Franco Basile